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A.L.G.A.
Amici del Liceo Galilei - San Donà di Piave
Tornano le interviste agli ex allievi del Liceo.
Il professor Claudio Ferretti
D: quali sono i ricordi del periodo liceale?
R: Nei cinque anni di scuola superiore attraversiamo tutti età e
momenti piuttosto diversi tra loro, e anche di quel periodo conservo i
ricordi più disparati, dagli incontri in prima con i ragazzi più
grandi di noi, che ci sembravano così vecchi (!), al divertimento puro
dell'unirmi alle imprese dei compagni di classe più disinvolti di me,
al fascino per materie mai conosciute prima, fino al pensare al mio
futuro di adulto anche parlando con i professori più in gamba.
Di sicuro conservo forti le sensazioni di grande amicizia in classe, e
di aver affrontato fatiche viste come un buon investimento per
diventare "grande".
D: puoi descrivere brevemente il tuo percorso professionale?
R: Dopo il liceo ho studiato all'Università di Milano per laurearmi in
Scienze dell'Informazione, poi tra Torino e Milano sono diventato
Dottore di Rierca in Informatica, fino a un magico 1995 dove ho
incrociato un periodo di studio post-dottorato in Giappone e la presa
di servizio come Ricercatore alla Statale di Milano. Quando qualche
anno dopo la Statale ha fatto nascere l'Università di Milano-Bicocca
mi ci sono trasferito, e lì sono poi diventato Professore Associato,
sempre in Informatica.
Sono tuttora in Bicocca, e negli anni ho fatto ricerca sia teorica
(modelli di calcolo) che applicata (sicurezza informatica), oltre ad
insegnare per Laurea e Laurea Magistrale in Informatica.
D: cosa ti porti dietro dell'esperienza liceale?
R: Professionalmente ho spesso applicato quella capacità di ragionare
secondo schemi formali che al liceo ho appreso con la matematica (ma
anche studiando filosofia), e di collaborare con le persone più
diverse che ci capita di incontrare.
Personalmente sono però contento di aver avvicinato al liceo un po' di
quelle conoscenze umanistiche che i miei studi universitari non
avrebbero certo incluso. Ora sono per me come qualcosa che mi
rinfresca quando mi concentro troppo sulle parti più "meccaniche" del
mio mestiere.
D: alla luce della tua attuale esperienza hai qualche critica da
esprimere rispetto al metodo di insegnamento del liceo?
R: Ogni professore ha sempre una sua variante di metodo di
insegnamento, in realtà, ma in generale lo stile del liceo mi piace.
Forse interverrei solo sulla tendenza a dare per importanti certe
conoscenze solo perché "sono sempre state le basi del formarsi
seriamente": sarebbe più stimolante, e anche più vero, dimostrare agli
studenti appena si può come tutte quelle materie ci rendono più abili
nelle attività di questo nostro mondo, vedendo quali cambiamenti
generano anche oggi nelle nostre vite (scienze, tecnologie, valori e
società, ...) e quali sfide ci permettono di superare.
D: quali suggerimenti daresti ad un ragazzo che volesse intraprendere
lo studio dell'informatica?
R: L'informatica deve essere vista come una serie di modi intelligenti
in cui automatizzare molte noste operazioni, quelle sulle cose come
quelle sulle informazioni, e il tutto affidandoci a macchine/computer
che non abbiamo ideato e costruito noi. Quindi chi studia
l'informatica deve essere pronto a cogliere l'eleganza delle idee che
sono alla base di tutte le automazioni, a volte con schemi matematici
e teorie varie, e al tempo stesso deve saper esplorare i complicati
meccanismi interni degli elaboratori, perché se non arriva a
conoscerli anche nei loro lati meno eleganti rimarrà troppo spesso
confuso dai risultati che producono.
Quindi non dobbiamo immaginarci come esperti di particolari software o
servizi web prodotti da altri, ma come sofisticati domatori dei
computer, animali generosi ma scontrosi...
D: hai realizzato i tuoi sogni da ragazzo?
R: Direi di sì, qualche volta con un po' di fortuna, molte volte
sopportando fatiche dietro cui contavo di trovare grandi
soddisfazioni. Una parola chiave dei miei sogni era il fare "ricerca",
la possibilità di lavoro esplorando il mondo delle idee e della
conoscenza che gli uomini producono, e questo alla fine è diventato
una bella parte, non la sola, del mio mestiere.

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