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Cari Algaioli,

ecco qui un breve resoconto della serata di venerdì scorso a Villa dei Dogi, dove si è svolta l’annuale cena sociale. A detta di tutti i partecipanti, la facile profezia del nostro Presidente sul ristorante e sull’alta qualità dei cibi (“hic manèbimus optime”) ha trovato ampia conferma: “Vere illic manùimus optime”. Certamente per la bontà e l’alto livello della preparazione delle pietanze, ma soprattutto per il clima di amicizia e di spensieratezza che si è potuto respirare durante tutta la serata; visti i tempi carichi di preoccupazione che stiamo vivendo, è stato per tutti un bell’intervallo di serenità. C’è stato anche un momento culturale, con la brillante lettura, da parte del nostro matematico-teatrante Carlo Dariol, della celebre “Canzon de la spatola” di Arrigo Boito, nella quale si declama l’elogio della polenta (peraltro fisicamente presente nei nostri piatti ad ascoltarla). I commensali si sono dovuti sorbire anche ben due “prediche” del Presidente, che non sono comunque riuscite a turbare più del dovuto l’allegra compagnia. E’ stato però chiesto a gran voce che le prediche venissero inviate ai soci e poste in rete, a punizione di coloro che, pur di non sorbirsele, avevano disertato la cena. Così potete trovare i testi in allegato, assieme, e qui speriamo di far cosa gradita a tutti, a quello della “Canzon de la spatola di Boito”.

Un saluto a tutti dal vostro cronista algaiolo

Arrigo Boito Elogio de la polenta

La spatola, ossia, l’arte de menar ben la polenta e de mettarghe el tocio.
Alegoria de Arlechin Batocio, moreto bergamasco e mezo mato.
El qual la ofre, dedica e presenta, ai omeni politizi de Stato.

Ghe xè na caldiera, tacada su un fogo,
Che par una bampa, de inçendio e de rogo
De là gh’è una polvare, che par d’oro fin
E quà gh’è la spatola, del gran Trufaldin
Scominsia el miracolo, se vede de dentro
Levarse ‘na brombola, d’arzento, d’arzento;
Po’ subito un’altra, la vien a trovar
E l’acqua nel fondo, scomininsia a cantar.
La canta, la ronfa, la subia, la fuma
De quà la se sgionfa, de là se ingruma,
El fogo consuma, col vivo calor
Le brombole in sciuma, la sciuma in vapor.
La bogie, de boto: atenti ghe semo
Più fiama, de soto; supiemo, supiemo
Che gusto, che roje; la bogie, la bogie.
La va, la galopa, la zira, la sciopa
La fa la manfrina, farina, farina
La salta per sora, la sbrodola fora
Portème in cusina farina, farina..
Ocio, ocio, ohè , Batocio, ciapa in man tecia e caena
Missia, volta, zira , mena. Deme el tocio, ocio, ocio
Mola, tira, mola e destira e stinca e fola
La xè frola, dài de quà, dài, dài, la broa, la scota.
Ahi, ahi, ahi, me son scotà
La xè cota, la xè cota.
Sior Florindo la se senta, che xè fata la polenta
Dunque magnemola: “Ghe manca el sal!”
Sal de la fiaba, xè la moral.
Ecco: la spatola, la xè mio estro
La xè il mio genio, pronto e maestro;
E quel finissimo fior de fatina
Vol dir Rosaura e Colombina;
L’acqua broenta, xè nostro cuor,
E la polenta, la xè l’amor.

Cari amici, 
eccoci al tradizionale simposio di fine anno, a conclusione delle attività dell’A.L.Ga. nel 2015.  
Qualcuno osserverà che il locale, lo chef e la materia prima della cena sono gli stessi degli anni scorsi: giusta osservazione, che merita una pronta giustificazione. Abbiamo passato gli anni della nostra giovinezza e, per qualcuno, anche quelli della maturità, sentendoci ripetere continuamente che bisogna cambiare, perché il nuovo è migliore, a prescindere. Ci abbiamo anche creduto, fidando nell’intelligenza e nei comuni ideali di miglioramento delle condizioni di vita. Quello che ci è forse sfuggito è che da molti anni, ormai, il cambiamento è finalizzato solo a un tornaconto personale di chi lo produce e molto di rado è rivolto a produrre vantaggi per i destinatari dell’innovazione. Siamo circondati da sperimentatori, che, come prima operazione per il cambiamento, distruggono quanto ha finora funzionato bene; e lo fanno, non a seguito di un’accurata analisi dell’esistente, ma con la sicumera e la supponenza che derivano dall’ignoranza del passato e delle motivazioni che hanno sostenuto l’attuazione di ciò che è ora in essere e che dà sicurezza nell’utilizzo. L’ammissione dell’errore di valutazione, poi, è una mera illusione: “indietro non si torna!”. Pertanto, ci troviamo certamente a beneficiare di invenzioni che facilitano il nostro lavoro e il nostro tempo libero, ma spesso anche a rimpiangere la scomparsa di oggetti, abitudini, modi di vivere, che gratificavano abbondantemente la nostra vita quotidiana. Ciascuno di noi, secondo il principio del rapporto costi-benefici, può valutare i vantaggi o gli svantaggi del cambiamento. Certo è che, se intendiamo per progressista colui che cerca un futuro migliore, in una società come la nostra, che, a detta di molti, va verso la dissoluzione, dovremmo dire che l’unico vero progressista è il conservatore. Conserviamo dunque la nostra cultura, le nostre conoscenze, le nostre esperienze e offriamole ai giovani, perché, quando saranno chiamati a operare al nostro posto, ne facciano tesoro. E, nello specifico, conserviamo anche l’amore per la buona cucina, che usa materie prime naturali e legate alla nostra tradizione italiana e veneta in particolare: la cucina di Ezio e Moreno, che stasera, per la terza volta, ospitano il nostro raduno annuale.
Buona cena e … scusè ‘e ciacoe.
Mauro Gressini

A.L.Ga. : III CENA SOCIALE
BENVENUTO AI CONVENUTI
Un saluto a tutti i soci e ai loro famigliari e amici e un cordiale benvenuto al terzo raduno annuale dell’A.L.Ga.
Quando abbiamo preparato il foglietto-ricordo della serata, bisognava riempire la facciata interna; e sull’onda di quanto fatto in quello dello scorso anno, mi è stato imposto anche quest’anno di scrivere una “predica” (così l’hanno chiamata).
Ho così pensato di scrivere un modesto, ma motivato elogio della conservazione, che ho trattato all’interno delle nostre consuetudini di vita, mettendo in luce i pericoli che vengono soprattutto da interessi economici e finanziari. Purtroppo, a foglio ormai stampato, è giunta la notizia dell’attacco fondamentalista islamico a Parigi. Ho pensato allora, secondo la più vieta eterogenesi dei fini, che quanto avevo scritto poteva essere una ragionata risposta al tentativo di soppiantare la nostra civiltà, che si sta attuando sotto i nostri occhi. Sono quindi sempre più convinto che la salvezza del futuro nostro e dei nostri figli passi attraverso la manifestazione coraggiosa dei contenuti della nostra cultura. Conserviamo e proclamiamo con coraggio i nostri valori di libertà e uguaglianza di fronte a coloro che li vogliono abbattere, per sostituirli con stili di vita che, violando il secondo principio della termodinamica, vorrebbero riportarci mille anni indietro nel tempo.
La convinzione della bontà del nostro essere e del nostro agire ci dà fin d’ora una certezza: “NON PREVALEBUNT”.
Mauro Gressini.

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